LO STUDIO DELLE ABERRAZIONI OCULARI

il futuro della chirurgia refrattiva customizzata con laser ad eccimeri ?

Leonardo Mastropasqua, Mario Nubile

Da: " L' Oculista Italiano"

Archivio SIFI (www.sifi.it)


Lo studio delle aberrazioni ottiche oculari risale ormai ad alcuni decenni fa. Nel campo della chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri, che sempre più viene studiata e utilizzata per la correzione dei difetti refrattivi, recentemente il concetto di “aberrometria” è spesso chiamato in causa quale nuova frontiera delle tecniche di ablazione corneali personalizzate. La “Wavefront analysis”, lo studio del fronte d’onda, innova profondamente l’approccio alla chirurgia refrattiva, ponendo l’accento su di un aspetto spesso sottovalutato. Infatti uno dei problemi non risolti nell’ambito della chirurgia refrattiva è sicuramente rappresentato dalla qualità della visione. Spesso, infatti, la soddisfazione del paziente risiede soprattutto nel raggiungimento di una buona qualità della visione, e non solamente in un risultato meramente quantitativo. Con l’evoluzione delle nuove tecniche chirurgiche per la correzione dei difetti di refrazione si assiste ad un rinnovato interesse per lo sviluppo di metodiche di analisi delle aberrazioni ottiche accurate e riproducibili.  Lo studio delle aberrazioni oculari ci consente oggi di approfondire le nostre conoscenze in questo settore di indubbio interesse, e rappresenta un’importante innovazione chirurgica .

 

Che cosa sono le aberrazioni?

Ogni imperfezione che, nel percorso ottico dei fotoni, dal film lacrimale fino al piano retinico, produce una distorsione dei raggi luminosi stessi o un’imperfezione nella focalizzazione dell’immagine sulla retina genera aberrazioni oculari. Ad esempio, errori refrattivi quali miopia, ipermetropia ed astigmatismo possono essere letti oltre che in termini diottrici anche in chiave aberrometrica. Aberrazioni più complesse non possono invece essere descritte tramite le normali definizioni di refrazione. Il metodo migliore per immaginare una aberrazione oculare è quello di visualizzare la morfologia della superficie del piano d’onda, distorto attraverso i diottri oculari, rispetto ad un fronte d’onda piano. Un fascio di raggi luminosi ideale privo di aberrazioni è costituito da onde rettilinee e parallele (nell’approssimazione che la sorgente luminosa sia posta all’infinito) il cui fronte d’onda, la superficie in fase di avanzamento del fascio, è piano. Quando, invece, sono presenti aberrazioni ottiche la superficie del fronte d’onda presenta delle distorsioni rispetto al piano di riferimento che mostrano una morfologia variabile.
La forma geometrica di una aberrazione viene comunemente descritta matematicamente dall’utilizzo dei Polinomi di Zernike1. I caratteri essenziali di questa espressione ci consentono, in sintesi, di descrivere la geometria di ciascuna particolare deformazione. Uno dei parametri fondamentali della struttura geometrica delle aberrazioni è fornito dalla suddivisione in vari “ordini”. Le figure 1-3 mostrano la rappresentazione per immagini delle aberrazioni, dalle più semplici alle più complesse, evidenziando la loro forma geometrica.
Un fronte d’onda privo di aberrazioni si presenta piatto e parallelo rispetto al piano di riferimento (Figura 1a), e viene definito come ordine 0. Le aberrazioni di ordine 1 sono fornite da un fronte d’onda piatto, ma ruotato rispetto al piano di riferimento sull’asse x o y (Figura 1b). Queste aberrazioni di ordine 0 e 1° sono puramente virtuali nell’occhio umano e non si presentano mai isolate. 

 

 

FIG. 1 a) Fronte d'onda piano e parallelo rispetto al fascio di riferimento (condizione ideale, virtuale nell'occhio umano)

 

FIG. 1 b) Fronte d'onda piano, ma inclinato rispetto al piano di riferimento (tilt)

Le aberrazioni di 2° ordine invece sono causate da errori refrattivi sfero-cilindrici. Le aberrazioni legate a miopia e ad ipermetropia sono definite col termine di “defocus” e presentano una morfologia “a scodella” (Figura 2a). Le aberrazioni astigmatiche, appartenenti anch’esse al 2° ordine mostrano invece una forma del fronte d’onda “a sella” (Figure 2b - 2c).

 

 

FIG. 2 a) Fronte d'onda che rappresenta l'aberrazione di secondo ordine di un occhio miope.

 

FIG 2 b e 2 c) Wavefront astigmatico (2° ordine): morfologia a sella

 

In sintesi si tratta semplicemente di esprimere con un linguaggio differente (quello aberrometrico) i normali vizi di refrazione che siamo abituati a descrivere in termini di diottrie ed assi. Normalmente noi correggiamo queste aberrazioni sfero-cilindriche mediante l’utilizzo di lenti o attraverso le tecniche tradizionali di chirurgia rifrattiva con laser ad eccimeri.
Da un punto di vista quantitativo, nella popolazione media affetta da difetti refrattivi, esse rappresentano la quota principale delle aberrazioni oculari presenti. Le aberrazioni di ordine superiore al secondo, invece, non sono correggibili con le comuni metodiche tradizionali: lenti a tempiale, lenti a contatto e trattamenti con laser ad eccimeri standard. La morfologia di tali distorsioni è proteiforme e spesso complessa (vedi Figura 3). Anche se da un punto di vista matematico non è del tutto corretto, in chirurgia refrattiva si utilizza spesso la suddivisione delle aberrazioni in “basso ordine” comprendente quelle fino al 2° (essenzialmente defocus e astigmatismo), ed in “elevato ordine” che include quelle del 3° e superiori, le quali non sono evidenziabili o correggibili se non mediante tecniche aberrometriche.

Le aberrazioni cosiddette “coma” a causa della forma a virgola del fronte d’onda (Figura 3a), appartenenti al 3° ordine, non mostrano simmetria sul piano rotazionale e sono causa di alterazione della qualità della visione proporzionale alla loro entità. Sebbene la forma geometrica del fronte d’onda sia relativamente semplice, l’influenza negativa sulla performance visiva e la difficoltà di correzione deriva dalla asimmetria e dal gradino di distorsione ottica presente in zona centrale. Esse producono un’immagine retinica sfocata con aspetto a cometa. Varianti più complesse sono rappresentate dal “coma triangolare” e da astigmatismi quadratici (Figura 3b). Altre aberrazioni di ordine superiore al 3°, definite “spherical ”, anche se simmetriche sul piano rotazionale sono spesso causa di alterazione della qualità visiva. Poiché le aberrazioni sferiche e quelle coma si riferiscono a sistemi simmetrici, e l’occhio umano non è rotazionalmente simmetrico, sarebbe più appropriato parlare di aberrazioni “coma-like” e “spherical-like” in ambito oculistico. Sebbene siamo in grado di studiare in vivo numerosi ordini di aberrazioni, l’occhio umano è capace di percepire gli effetti di tali distorsioni solo fino al 4°-5° ordine. Ciò si traduce, sul piano pratico, nel concetto che le aberrazioni significative dal punto di vista clinico sono quelle di ordine elevato (3° e 4° principalmente) che possono peggiorare la qualità della visione nonostante siano corrette totalmente quelle defocus ed astigmatiche.

 

 

FIG 3a) Coma-like: aberrazione non simmetrica sul piano rotazionale

 

FIG 3b) Z4,4: aberrazione di 4° ordine

 

FIG 4) Schema del principio di funzionamento dell'aberrometro H-S FIG 5) Le aberrazioni totali (in alto) rappresentano la risultante di quelle di secondo ordine legate alla sfera (in basso a destra), al cilindro (in basso al centro), associate a quelle irregolari di elevato ordine (in basso a destra)


È stato dimostrato che sono le aberrazioni coma-like quelle dominanti nell’occhio umano2. Ogni occhio infatti, dal momento che contiene imperfezioni ottiche legate alla trasparenza ed alla morfologia delle varie strutture interposte lungo il decorso dei raggi luminosi, presenta un certo grado aberrazioni di elevato ordine (nel senso clinico del termine) che si sovrappongono all’eventuale difetto refrattivo sfero-cilindrico. Le sedi anatomiche responsabili delle distorsioni possono essere molteplici. Irregolarità della superficie anteriore o posteriore della cornea, del cristallino, del corpo vitreo o del piano retinico possono essere causa, singolarmente o in associazione di aberrazioni ottiche. Un concetto molto importante è, quindi, che le aberrazioni ottiche totali presenti in un occhio sono la risultante di più componenti messe assieme, ciascuna legata alla morfologia dei diottri e delle strutture anatomiche oculari. Le aberrazioni di basso ordine (defocus ed astigmatiche) in occhi non emmetropi si associano, e spesso mascherano, le aberrazioni più complesse ma di minore entità degli ordini superiori. Si è calcolato, su un campione medio di popolazione affetta da difetti di refrazione, che le aberrazioni di elevato ordine rappresentano, in media, il 17% del totale.

Queste aberrazioni ottiche incidono sulla qualità della visione in quanto alterano la corretta focalizzazione dell’immagine sulla retina. È stato dimostrato che i limiti massimi teorici della visione foveale nell’uomo sono compresi tra i 18/10 e i 40/10, in dipendenza dal diametro pupillare2. Indipendentemente dalla causa, la presenza di un incremento della aberrazioni oculari si correla con una riduzione quantificabile della performance visiva che è dipendente dal diametro pupillare.

Come possiamo studiare le aberrazioni?

Tecnicamente lo studio delle aberrazioni è possibile grazie a strumenti chiamati “aberrometri”. Differenti sono i principi di funzionamento dei diversi aberrometri oggi disponibili. Gli aberrometri “Tscherning” utilizzano una griglia di spot laser che vengono proiettati nell’occhio e riflessi dalla retina, mentre quelli di tipo “Tracey” si servono di diversi spot laser indirizzati sulla retina secondo differenti angoli di incidenza. Un altro metodo molto promettente è costituito dall’aberrometro di tipo “Hartmann–Shack”, basato sull’utilizzo di un’unica sorgente laser molto sottile.
Attualmente molti degli aberrometri presenti in commercio appartengono a questo tipo. Questa tecnica è stata sviluppata, in principio, in campo astronomico per la misurazione delle aberrazioni ottiche dell’atmosfera interferenti con i telescopi terrestri. Recentemente Liang et al3 hanno studiato l’applicazione derivata da tale metodo per la quantificazione degli errori refrattivi convenzionali e delle aberrazioni di elevato ordine dell’occhio.
Quali sono i principi su cui si basa? Una sottile sorgente luminosa laser viene proiettata attraverso i diottri oculari e viene focalizzata sulla retina in un punto. Il fronte d’onda riflesso da questo punto retinico, attraversando in senso retrogrado le varie strutture diottriche, viene quindi analizzato dal sensore posto di fronte all’occhio (Figura 4).

In un modello teorico, privo di ogni aberrazione, il wavefront uscente non presenterebbe alcuna distorsione e sarebbe piano, parallelo rispetto a quello di riferimento e al piano pupillare. In un occhio reale ciò non avviene e il fronte d’onda emerge deformato in relazione alle aberrazioni ottiche presenti all’interno. Un wavefront di un occhio con difetto rifrattivo sferico si presenta come un piano concavo. In caso di un difetto astigmatico, come abbiamo accennato prima, il fronte d’onda assume una morfologia a sella con orientamento legato all’asse. Le irregolarità di ciascuna componente anatomica dell’occhio sono causa di distorsioni del wavefront più complesse: coma, spherical-like, astigmatismi quadratici. Il sistema di detettori atto a rilevare il fronte d’onda emergente dall’occhio è costituito da una serie di lenti di “array” di dimensioni molto piccole le quali analizzano le differenze spaziali, per ogni singolo punto esaminato, tra il fascio di riferimento (piano) ed il fascio corrispondente al wavefront riflesso attraverso le strutture oculari. In pratica il sistema di micro-lenti divide il wavefront riflesso dall’occhio in un numero più ampio di fronti d’onda di più piccole dimensioni, ciascuno dei quali viene focalizzato in un punto del sensore.
La posizione spaziale di ognuno di questi punti, in relazione all’asse ottico della micro-lente corrispondente, esprime la misura dell’inclinazione di quella particolare porzione del wavefront. L’integrazione e l’analisi computerizzata di questi dati contribuiscono all’elaborazione ed alla ricostruzione morfologica del fronte d’onda misurato. Generalmente la rappresentazione delle aberrazioni analizzate avviene tramite una mappa, definita “aberrometrica”, in falsi colori, la quale esprime per ciascun punto la ricostruzione altitudinale della geometria del wavefront rispetto al piano di riferimento. La rappresentazione in elevazione del wavefront in relazione al piano pupillare di riferimento è chiamata “wavefront aberration function”. Essa ci permette non solo di descrivere le anomalie refrattive (es. diottrie di ametropia ed astigmatismo) e di visualizzare le aberrazioni di ordine superiore, ma può essere utilizzata per calcolare quantitativamente la qualità dell’immagine retinica (Point Spread Function).
In genere, la componente delle aberrazioni di basso ordine, defocus ed astigmatismo, maschera parzialmente la completa visualizzazione di quelle di ordine più elevato. È necessario sottrarre dalla mappa aberrometrica la quota relativa alle aberrazioni di basso ordine per poter studiare in dettaglio le aberrazioni coma-like o spherical-like (Figura 5). Per ottenere informazioni sufficienti è necessario eseguire l’esame aberrometrico non solo in miosi, ma anche in midriasi pupillare. Infatti, solo così è possibile ottenere dati riguardanti le zone paracentrali e periferiche. Dobbiamo sempre considerare, però, che il diametro pupillare fisiologico in condizioni fotopiche, mesopiche e scotopiche dell’occhio che stiamo esaminando è un importante parametro che gioca come fattore di variabilità sull’effetto delle aberrazioni oculari.
La dilatazione pupillare nell’occhio normale causa un minimo, seppure significativo, aumento delle aberrazioni totali. Un problema di importanza rilevante è rappresentato dalla impossibilità di conoscere, mediante le tecniche aberrometriche descritte, la sede anatomica d’origine delle aberrazioni rilevate. Infatti, la ricostruzione della mappa aberrometrica, consente di descrivere unicamente la morfologia del fronte d’onda che emerge dall’occhio, ma non di dedurre informazioni relative alla struttura oculare responsabile delle eventuali distorsioni.

Leonardo Mastropasqua, Mario Nubile

Da: " L' Oculista Italiano"

Archivio SIFI 2006

 

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